Periodo Kamakura (1185-1333)
Minamoto Yoritomo fu uno degli uomini politici più geniali del Giappone. Fissato il suo quartier generale a Kamakura, vi creò il Bakufu, una amministrazione militare nata per controllare i propri uomini e ben presto divenuta una amministrazione pubblica che governava parallelamente alla corte di Kyoto tenendo sotto controllo sia le forze armate che i contadini e quindi i raccolti del paese. Gli amministratori del Bakufu potevano prelevare una imposta sui raccolti analogamente a quanto già facevano gli amministratori imperiali, anzi con maggior efficienza di questi, portando in breve tempo Yoritomo ad avere la signoria di tutto il paese. Questa situazione venne alla fine ratificata dallo stesso imperatore, da cui Yoritomo riuscì ad ottenere il sospirato titolo di Shogun. Il titolo che, come abbiamo visto, era stato in precedenza concesso soltanto durante le campagne militari alla frontiera, diverrà da questo momento appannaggio dei Minamoto e dei loro discendenti. Si veniva così a creare anche una nuova nobiltà: ai kuge, nobili di corte, si contrapponevano i buke, funzionari shogunali.
Il titolo di shogun, nei settecento anni in cui esistette, fu sempre conferito ufficialmente dall’imperatore, per cui non può essere considerato una usurpazione di potere: infatti questa carica, concessa dall’imperatore ai Minamoto, non la ebbero uomini potentissimi come Nobunaga o Hideyoshi, che pure dominarono il Giappone. D’altro canto gli shogun non tentarono mai di rovesciare l’imperatore, sia per l’attaccamento dei giapponesi al rispetto della tradizione, della forma, sia perché l’imperatore deteneva l’autorità, ma non un potere effettivo e quindi gli shogun non vedevano motivo di cambiare questa situazione che li legittimava senza intaccare il loro potere.
Si era creato così un dualismo di istituzioni: alla capitale, Kyoto, con la residenza imperiale ed i nobili di corte, si contrapponeva Kamakura (e più tardi Edo), la capitale dei bushi. Questo periodo viene abitualmente definito come feudalesimo giapponese in quanto la situazione di vassallaggio che legava allo shogun i responsabili delle province e gli amministratori locali richiama l’analoga situazione nel feudalesimo europeo, con la differenza che in Europa il feudatario era l’effettivo proprietario delle terre mentre in Giappone ne era solo l’amministratore e doveva condividerne la giurisdizione con i funzionari dell’altro governo, quello imperiale. Il fondamento del potere era comunque in entrambe i casi legato al dominio sulle terre, come pure analoga era la differenziazione tra la casta dei guerrieri e la popolazione civile; anche la rete di rapporti che legano a chi concede la terra il vassallo che deve offrire in cambio la sua fedeltà personale, è tipicamente feudale.
Per gli shogun di Kamakura si ripeté la stessa situazione che avevamo già descritto per gli imperatori di Heian: essi furono in breve tempo espropriati del potere dalle famiglie delle loro spose. Già il figlio di Yoritomo, succeduto al padre quando era ancora un ragazzino, dovette nominare come reggente il nonno materno Hojo Tokimasa, e la famiglia Hojo si trasmise questo titolo per quasi due secoli. Il dualismo veniva così ad essere raddoppiato: ad Heian dietro l’imperatore sul trono vi era l’imperatore abdicatario e la famiglia dell’imperatrice mentre a Kamakura dietro lo shogun vi era la famiglia del reggente.
La potente famiglia degli Hojo ebbe comunque il merito storico di essere riuscita a respingere gli attacchi portati al Giappone dai mongoli di Qubilai Khan. Fu questa l’unica occasione nella storia del Giappone, prima della seconda guerra mondiale, in cui gli abitanti dell’arcipelago furono costretti a difendersi da un tentativo di invasione. L’impero mongolo si era formato sotto la guida di Gengis Khan, l’indomito condottiero che nel corso di fulminee e fortunate campagne militari aveva conquistato tutta la Cina, il Turkestan, la Persia, la Turchia, la Russia, la Romania giungendo fino alle porte di Vienna. Il suo dominio si estendeva dall’Oceano Pacifico al Mar Nero attraverso tutta l’Asia. Uno dei suoi successori, Qubilai Khan, il cui impero ci viene descritto nel “Milione” di Marco Polo, cercò di rendere tributari dei mongoli i paesi del sud-est asiatico e delle isole e mandò a tal proposito emissari nelle principali nazioni. La corte, a Kyoto, fu sul punto di cedere, ma i reggenti Hojo a Kamakura respinsero fieramente gli emissari del Khan. Qubilai tentò quindi la conquista: nel 1274 con trentamila mongoli e circa cinquecento navi sbarcò nel Kyushu settentrionale. La disperata resistenza del governo di Kamakura stava per essere travolta quando un provvidenziale uragano distrusse parte della flotta mongola costringendo l’esercito a fare precipitosamente ritorno.
Qubilai inviò una nuova missione a Kyoto nel tentativo di risolvere diplomaticamente la disputa, ma le autorità di Kamakura fecero decapitare i suoi emissari. Poi costruirono una lunga muraglia fortificata lungo le coste del Kyushu preparandosi a sostenere l’inevitabile nuovo attacco. E questo non si fece attendere. Nel 1281 Qubilai Khan mise in mare il più imponente dispiegamento di forze che la storia avesse mai visto: più di quattromila navi con duecentomila soldati. L’urto degli invasori fu contenuto dalla nuova muraglia e dalla strenua difesa dei samurai che, al prezzo di migliaia e migliaia di vite, riuscirono ad inchiodare sulla spiaggia l’esercito mongolo per quasi due mesi, mentre la flotta veniva inceppata nei movimenti da una miriade di piccole e veloci imbarcazioni. Una compagnia dopo l’altra i bushi giapponesi andavano a morire sulla spiaggia, morivano ed aspettavano. Finché finalmente giunse la stagione degli uragani. Ed ancora una volta il Kamikaze, il vento divino, spazzò via la flotta mongola: decine di migliaia di questi, persi i contatti con le navi, furono massacrati ed altrettanti fatti prigionieri. Qubilai, rientrato fortunosamente in patria, avviò i preparativi per una terza invasione ma alla sua morte questi furono abbandonati e cessò così ogni pericolo per il Giappone: i mongoli, invincibili sulla terraferma, si erano dimostrati assai vulnerabili in mare. Il piccolo Giappone era riuscito a fermare il temutissimo gigante mongolo, impresa che a nessun’ altro popolo era riuscita, né in Asia né in Europa.
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Qubilai Khan